giovedì 31 dicembre 2009

Buon Anno


Sul blog del Peyote la serie completa.

Un grazie al pilota e un Buon Anno a tutti!

Matrix: Kennedy in salsa complotto


Col permesso dell'autore, Federico Ferrero di johnkennedy.it, pubblico il suo bel commento all'ultima puntata di Matrix.
Commento che condivido appieno.

Purtroppo, l'informazione, in Italia, si fa in quel modo.

Trovate qui l'articolo orginale.

La puntata di fine anno (29 dicembre 2009) di Matrix, trasmissione di approfondimento di Canale 5, è stata dedicata a una notizia-bomba: l’assassinio di Kennedy. Opinione comune è che la televisione ‘grande’, quella generalista e dei grandi ascolti, insomma il duopolio Rai-Mediaset, non offra spazio a notizie scomode, a opinioni non allineate, alle verità non ufficiali. La puntata di Matrix in questione depone in senso opposto: il presunto complotto ai danni del presidente viene trattato unicamente basandosi su un filmato montato da un webmaster assertore di una grande quantità di cospirazioni e/o tesi ‘alternative’ (11 settembre, sbarco sulla Luna, John Kennedy, Bob Kennedy, le scie chimiche, le cure per il cancro, Al-Qaeda, la Bibbia eccetera), Massimo Mazzucco, presente anche in collegamento dagli Stati Uniti. In studio il conduttore Alessio Vinci ospita Walter Veltroni e Gianni Riotta, attuale direttore del Sole 24 Ore.

La trasmissione non è squilibrata, di più: pare sdraiata su un’unica posizione, quella dell’imboscata organizzata per uccidere un presidente scomodo. Tant’è che l’unico documento che si ritiene di mostrare nella serata è un collage di vecchie dichiarazioni alla stampa offerte da alcuni personaggi che, in qualche modo, hanno avuto a che fare con Kennedy. La tesi del filmato, vecchia peraltro di almeno dieci anni, è che a uccidere il presidente sia stata una squadra di cui faceva parte tale James Files, l’uomo che si è accusato di aver sparato un colpo alla tempia di Kennedy dalla collinetta erbosa.

Per dare ossigeno alle ipotesi cospiratorie viene mostrato un servizio di Chiara Cazzaniga, brava giornalista della redazione di Matrix che però mostra di attingere esclusivamente dal più retrivo fantacomplottismo hollywoodiano, quello del geniale Oliver Stone. Il servizio, infatti, utilizza spezzoni ‘a effetto’ del film JFK – un caso ancora aperto, l’opera che fruttò a Oliver Stone due (meritati) premi Oscar. Si sostengono posizioni quantomeno bizzarre, o falsità come il fatto che “subito dopo l’arresto di Oswald, J. Edgar Hoover telefona al procuratore generale dicendo di avere in mano l’uomo che ha ucciso il presidente“; si parla del “senatore Earl Warren”, che in realtà era il presidente della Corte Suprema.

In studio, purtroppo, le cose non vanno meglio. L’ex direttore dell’Unità ed ex segretario del Pd, Walter Veltroni, da tempo schierato in favore di tesi complottiste, è sicuro: “Kennedy è stato ucciso per quello che faceva. Il filmato di Zapruder (che Veltroni chiama curiosamente Zaprüder, con l’umlaut, manco fosse tirolese) dimostra che i colpi arrivarono da più direzioni. Il complotto è chiaro, certo, evidente”. Come lo è, aggiunge, quello di piazza Fontana.

L’unica voce a parziale smentita del complotto è proprio quella di Riotta, il quale peraltro si mostra ben poco informato sui fatti. Per esempio avrebbe potuto ribattere che il film di Zapruder mostra, riguardo alla ferita alla testa, l’esatto opposto di quanto dice Veltroni, e cioè che la tempia destra di Kennedy era intatta dopo il colpo fatale. Oppure che non solo le fotografie ma anche le radiografie in sede di autopsia confermano la direzione del colpo, entrato nel cranio da dietro e uscito nella zona occipitale. Che esistono studi in Cad e ricostruzioni effettuate con la massima cura, diffuse negli ultimi anni dai maggiori network statunitensi, che avvalorano la tesi di Oswald unico assassino. Non dico presentarli come il Vangelo: ma in mezzo a qualche stupidaggine una ricerca scientifica non avrebbe sfigurato. Invece niente: anzi, Riotta riesce a risultare fastidioso anche quando – e non so quanto spesso gli capiti – ha la ragione dalla sua.

Non contenti dell’infornata di ipotesi complottiste, quelli di Matrix presentano in un secondo servizio la storia di Jim Garrison, il procuratore distrettuale di New Orleans che indagò sull’assassinio. Purtroppo anche qui è evidente come la sua indagine venga ripercorsa non per quella che fu (sarebbe stato sufficiente leggere, per esempio, il libro di un onesto e puntuale cronista che seguì tutte le udienze del processo, James Kirkwood, autore di American Grotesque: rivivere quella farsa per ciò che veramente fu è da pelle d’oca, con Shaw che somiglia in maniera inquietante al protagonista del Processo di Kafka) ma esclusivamente attraverso il racconto, in gran parte romanzato e falsificato, che ne diede Oliver Stone nel suo film. Si mostrano nuovamente spezzoni del capolavoro del regista di New York, compresi i voli pindarici di Garrison sul fatto che il sindaco di Dallas e il fratello militare, Earl e Charles Cabell, fossero in combutta per uccidere il presidente (prove? Indizi? Testimoni? Zero: però erano fratelli, e i militari si sa che sono cattivi). Si rilancia anche lo sputtanamento postumo dell’uomo di affari di New Orleans Clay Laverne Shaw. Una vicenda imbarazzante per la giustizia americana. Pochissimi se ne sono resi conto, ma quello fu un caso Tortora ante litteram. Shaw è morto quasi quarant’anni fa e non si può difendere ma il suo coinvolgimento nel processo fu teorizzato in maniera agghiacciante, utilizzando testi malati mentali, forzando dichiarazioni mai fatte, inventando collegamenti del tutto inesistenti: per fortuna la giuria se ne accorse e lo assolse con verdetto unanime. La figura di Shaw dipinta da Stone è lontanissima dalla realtà: quell’uomo, del tutto ignaro dei fatti che gli venivano contestati, andò in rovina per pagarsi gli avvocati, si ammalò e morì poco dopo l’assoluzione.

Altra citazione del servizio è quella per Mister X, l’uomo che nel film di Stone apre gli occhi a Garrison dipingendogli lo sfondo della cospirazione. Peccato ci si sia ancora dimenticati di specificare che quell’uomo non è mai esistito: le parole di Mister X derivano da una serie di dichiarazioni gonfiate, e interpretate fantasiosamente se non in malafede, fatte a Garrison e a Stone dal colonnello Leroy Fletcher Prouty e di un tale, Richard Case Nagell. L’immaginazione di Prouty era talmente feconda – altra circostanza di cui non si parla mai – che lo stesso Stone lo ’scomunicò’ nel corso del film: aveva capito che le sparava troppo grosse, anche per un visionario come lui. Circostanze, quelle narrate da Mister X, affascinanti ma puntualmente smentite: compresa la storia del giornale neozelandese che anticipò le notizie sull’attentato, il Christchurch Star, sgonfiata da una semplice indagine giornalistica. Come (giustamente) ridicolizzata è stata la povera Jean Hill, una ragazza che vide da vicino l’uccisione di Kennedy, e che qui che viene fatta passare per una povera cittadina onesta minacciata e zittita dalle autorità assassine. Riprendendo in pieno, anche con le immagini, il racconto che della Hill ci fece Oliver Stone. Peccato, anche qui, che non sia venuta voglia di saperne qualcosa di più: si sarebbe scoperto che la Hill mentì spudoratamente, per anni, cambiando versione più spesso di quanto cambiasse abito, e che fosse diventata un personaggio impresentabile anche per i più incalliti complottisti. Si usa ancora la forza scenica di Stone per difendere stupidaggini come la ‘teoria della pallottola magica’. Ora: non dico di mettersi a dibattere di balistica forense in una puntata di Matrix. Ma è possibile che in Italia ci si sia fermati al complottismo d’accatto degli anni Settanta? Se la Bbc, la Abc, Discovery Channel, History Channel hanno finanziato e trasmesso documentari in questi ultimi anni, frutto delle ultime ricerche e dei mezzi di indagine offerti dalla tecnologia, perché da noi si devono continuamente rispolverare i racconti fantasy dell’epoca delle brigate rosse? Eppure, a quanto pare, in Italia l’ultima frontiera sul caso Kennedy è il 1991, l’anno del film di Stone, che viene trattato dai nostri giornalisti come un ricercatore solo per la sua mostruosa capacità cinematografica. Sono passati quasi vent’anni, da quel film. Ed era un film. Perché Vinci e la sua redazione non hanno chiesto alla Bbc, per esempio, di poter mostrare una parte dell’accuratissimo e tecnologicamente avanzatissimo documentario del 2004 JFK – Beyond conspiracy? Temo di conoscere la risposta: perché non sapevano neanche della sua esistenza. Si fa prima a riguardarsi il film di Stone, che è come studiare storia sui fumetti di Martin Mystère: decisamente più divertente e più comodo. Se poi sono tutte bufale, pazienza: il film è così bello…




Infine si citano Richard Helms, che testimoniò sui legami di Shaw con la Cia, e il probabile complotto stabilito dall’Hsca. Insomma: vengono letti i titoli di coda del film di Kennedy, con la chiosa sui documenti segreti che verranno desecretati nel 2029. In studio riprende il dibattito, che però non riesce mai a cambiare registro. Anzi. Veltroni rilancia sulla certezza del complotto: “Il complesso delle evidenze, le immagini lo mostrano”. E riparte con la “constatazione obiettiva che i colpi siano stati sparati da più parti”, aggiungendo che Jack Ruby è “un altro elemento a conforto della teoria del complotto” poiché si trattava di “un uomo legato alla mafia”, che uccise Oswald “per evitare il processo sulla morte del presidente”. Riotta ricorda a Veltroni che non è assolutamente vero che Kennedy fosse un pacifista: la guerra del Vietnam iniziò con lui; sostiene che le foto dell’autopsia non sono false anche se, colpo di teatro, ammette che “è possibile che ci fosse più di un cecchino a Dallas”, anche se “non ci sono prove che ci fosse un secondo cecchino”. Il conduttore, Vinci, dice la sua: “Abbiamo visto le foto dell’autopsia col cranio perfetto, mentre il film di Zapruder dice che il cranio è spappolato”. Un falso clamoroso, eppure nessuno si prende la briga di rispondergli che non è vero.

Verso fine puntata Riotta sbanda ulteriormente, dicendosi “certo che Ruby spara a Oswald per chiudergli la bocca”. Racconta poi di Lee Oswald che dopo gli spari scompare dal deposito dei libri, di un poliziotto che lo cerca e viene ucciso, di Oswald che spara a un secondo poliziotto (in realtà fu solo uno). Mazzucco tenta di correggere Riotta: “Oswald chiede il permesso al suo direttore di tornare a casa” (non è vero: Oswald, dei dipendenti assenti dal deposito dopo gli spari, era invece prorio l’unico che non chiese il permesso a Roy Truly, il capo del personale, che dopo averlo avvistato in sala mensa a breve distanza dall’attentato non lo vide più). Aggiunge Mazzucco: “Oswald va a casa, prende una pistola, la mette in tasca, uccide Tippit con proiettili di calibro diverso rispetto a quelli che gli vengono trovati in tasca”. Anche questa è una balla. Quando Oswald viene arrestato gli vengono trovati in tasca colpi di due marche diverse, Winchester Western e Remington Peters. Dal corpo di Tippit vengono estratti tre proiettili Winchester Western e uno Remington Peters. Fine del caso. Solo che Veltroni e Riotta non lo sanno, e Mazzucco passa per l’esperto della situazione.

Vinci chiude una deludentissima puntata con il latino, con una frase che suona pressappoco così: “Tu quoque Brutus, fili mihi”. E pure la lingua dei nostri padri incassa un montante da k.o. tecnico, così come il giornalismo di inchiesta.

mercoledì 30 dicembre 2009

Non ci resta che piangere


L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale

Al CNR, negli ultimi giorni dell'Anno Domini 2009, si organizzano convegni sul creazionismo.

A Matrix si invita il pluripremiato Perlone Mazzucco (sì, proprio lui, quello che propaganda il bicarbonato come cura per il cancro...) a presentare, pressoché indisturbato, le solite trite e ritrite fantasticherie complottiste sul caso Kennedy.
Aggiornamento: Federico Ferrero ha pubblicato un ottimo articolo di commento e di debunking della puntata di Matrix sul suo sito johnkennedy.it.

Il Silvio nazionale subisce una aggressione tanto pericolosa quanto ingenua e subito il popolo dei cospirazionisti da Tuttubo ci costruisce sopra le consuete favolette di stampo politichese.

Come ricorda il buon Claudio, basta accendere la scatola magica per ritrovarsi sommersi di Grandi Cugggini, Isole dei Fumosi e falsi programmi scientifici come Boyager e Mistero. Str..., pardon, fess..., pardon, programmi di intrattenimento di livello così basso da far pensare che abbiano ormai cominciato a scavare, giunti sul fondo. E per il privilegio di poter godere di simili perle dobbiamo pure pagare il canone a mamma RAI.

Dulcis in fundo, siamo al 30 dicembre e si scatenano i soliti astrologi la cui preveggenza non arriva a prevedere il cenone di Capodanno a raccontarci le solite fantasie più o meno affascinanti sull'anno che verrà.
Fortuna che qualcuno si prende la briga di verificarne la (prevedibilissima, questa sì) infondatezza.

Ebbasta!
Voglio dormire, stasera, e sognare un mondo in cui l'oscurantismo di ritorno non dilaghi e dove buon senso e intelletto non siano doti in via di estinzione.

Forse, se il sapiens-sapiens non avesse vinto la gara per la sopravvivenza, avremmo un mondo neanderthalense e, chissà mai, la Terra sarebbe davvero abitata da una specie intelligente.

sabato 26 dicembre 2009

Perlone 2009


Ebbasta!

Ancora una volta il mio contafrot... pardon, "Ricercatore della Verità", preferito non ce l'ha fatta.

C'è sempre quello là... quello che vive negli States ma si cerca i seguaci finanziatori tra i più fini babb... pardon, "liberi pensatori" italioti.

Quello che in nome della libertà di pensiero (ma coi dollari nelle pupille) sdogana stregoni e guaritori medievaleggianti senza scrupoli.

Ci rinuncio. E consiglio al mio pupillo ex-europarlamentare di rinunciare: non c'è storia, con quell'altro là...

mercoledì 23 dicembre 2009

Che c'è da dire...?


martedì 8 dicembre 2009

"Ma daiii..." addendum


Riprendo il discorso sulla polemica sui limiti di velocità, che mi è tema assai gradito.
Non perché io sia uno spericolato amante del brivido e nemmeno perché non riconosca nella velocità un potenziale pericolo per l'incolumità reciproca dei conducenti di autoveicoli.

Semplicemente perché credo che, posto come è qui da noi, sia un falso problema e che sia invece un bello specchio di quello che per me resta il motto del belpaese: "tutto fumo e niente arrosto". E di quello che resta lo sport nazionale: non il calcio, ma lo scaricabarile.

Per meglio chiarire il mio pensiero, prendo a prestito la casistica di un meraviglioso tour a zonzo per la Scozia, dove il controllo dei limiti è affidato ad una autentica pletora di autovelox. Eppure, in 3200 km, non mi è mai capitato di fare fatica nel rispetto dei limiti e neppure di incappare in un mega multone per averli infranti. La ragione, imho, sta in almeno due elementi.

Il primo: i limiti sono "segnalati".

A chi non è mai capitato di incappare in un cartello che riduce la velocità consentita di 30 o 40 km/h improvvisamente e senza ragione apparente?
Di solito, in quelle particolari postazioni, sta pure appostata la tipica auto dei vigili urbani dotata di macchinetta infernale...
Lassù, nelle brughiere scozzesi, la variazione delle limitazioni non è mai così improvvisa: all'incirca trecento metri prima del nuovo limite compare il primo dei cartelli della foto, seguito dagli altri due a distanze di un centinaio di metri l'uno dall'altro e infine dall'effettiva entrata in validità del nuovo limite. Spesso acccompagnata da un bell'autovelox. Ma si sa: uomo avvisato...

Il secondo: i limiti sono "sensati".

Fatta eccezione per le autostrade, dove le 70 miglia (112 km/h) sono davvero poche (ma va detto che i tratti autostradali sono di poche decine di miglia: niente ingresso in autostrada al Brennero con uscita a Villa S.Giovanni!), in tutte le strade urbane ed extraurbane vige una notevole variabilità di limitazioni: dalle 20 miglia (32 km/h) davanti alle scuole alle 30 miglia (48 km/h) nei centri abitati, fino alle 60/70 miglia su strade extraurbane.
Detto così parrebbe che le limitazioni siano persino più restrittive di quelle italiote, ed è così.
Ma la zona a 20 miglia è davvero solo adiacente alle scuole o altri punti particolarmente pericolosi e la zona a 30 miglia è davvero inerente un centro abitato.

I cartelli ripresi nell'immagine, ad esempio, sono proprio all'ingresso di Brampton, ridente cittadina di 4000 abitanti vicino a Carlisle, nel North Cumbria. Sono 40 miglia orarie, 64 km/h.
Certo, in centro la velocità si riduce a 30 miglia oraie. In centro.

Saranno tutti dei criminali incoscienti, da quelle parti?
O semplicemente i limiti vengono tarati in funzione del livello di pericolosità reale del tratto stradale?

Da noi invece non si contano i tratti a 50 su strade solo formalmente urbane o a 70 km/h su bei rettilinei extraurbani, a volte anche con doppia corsia per ogni senso di marcia. E che dire poi dei tratti "pericolosi" in piena autostrada dove scattano gli 80 o a volte anche i 60 km/h? Pericolo reale o scaricabarile? Ricerca della Sicurezza o fumo negli occhi?

Sono limiti, infatti e non per nulla, disattesi dalla stra gran maggioranza degli automobilisti.
Si dice che gli automobilisti italiani siano maleducati e c'è del vero in questa affermazione. A dirla tutta, c'è del vero anche se si omette il sostantivo "automobilisti" e si fa diventare soggetto della frase gli "italiani" in genere.
Credo tuttavia, da profondo estimatore dell'estinguenda virtù del buon senso, che un adulto vaccinato sia anche in grado di distinguere tra un tratto effettivamente pericoloso ed uno in cui anche i 90 possono stare stretti. E dunque che l'insistente disattendere il limite su certi particolari tratti stradali possa essere sintomo di eccessivo rigore del medesimo, più che di inadeguatezza dei conducenti.

Capisco bene però che su strade normali sia necessario fissare un limite preciso e il massimo che si può sperare è che le autorità preposte imparino a far bene il loro lavoro.

Ma in autostrada?
Laddove ogni tre o quattro km si trovano quei bei cartelloni elettronici luminosi che da una parte ci ricordano le mille casistiche che possono fare di noi una polpetta alla brace e dall'altra misurano passo passo il nostro procedere, che ci vorrebbe ad adottare una logica adattiva?

Piove o c'è la nebbia o il traffico si fa intenso?
Abbassi il limite.
Sulla tua bella autostrada a tre corsie c'è un'auto ogni km?
Lasciali andare. Che vadano a 130 o a 160, poco ci cale.

lunedì 7 dicembre 2009

Ma daiii...


Poffarre, non sarà mica che Matteoli legge brrrainblog...?


;-)

sabato 5 dicembre 2009

Ah, già, dimenticavo...


Sono un po' in ritardo, me ne rendo conto, ma mi è scappato proprio.
Fortunatamente la notizia dell'apertura del museo di antropologia criminale a Torino mi ha fatto tornare in mente la ricorrenza.
Il 19 ottobre scorso infatti era il centenario della morte di questo signore qua.

Non richiede presentazioni, credo.
Conclusioni sbagliate, lo sappiamo bene, ma ricerca interessante.
E la scusante di un'epoca in cui la ricerca scientifica muoveva ancora i suoi primi, incerti, passi.



Nello stesso periodo, è scattata anche un'altra ricorrenza, di interesse storico scientifico indiscutibilmente risibile, ma che mi sta ovviamente a cuore: il primo anno di Brrrainblog.

Devo riconoscere che tenere un blog è quasi un secondo lavoro, anche se si tratta di un blogghetto colloquiale come questo.

E per chi, come il somaro sottoscritto, ha già un lavoro di copertura, l'inforNatico, e uno da "sporco disinformatore del NWO", il Gran Propagandiere, la faccenda a volte è impegnativa.

Non per nulla i post classificabili come "articoletti" sono quattro o cinque in tutto: manca il tempo, se non l'ispirazione a svolgere quel minimo di lavoro di ricerca e di pensiero necessario per produrre qualcosa più che una segnalazione o un pensierino lampo.

Già che ci siamo una notarella autobiografica.
Perché Brrrainblog (con 3 r), mi chiese qualcuno una volta.
E' stata una scelta che voleva essere un po' un omaggio ai vari cuGGini, tanto cari agli amici cospirazionisti, un po' mi piaceva il tono arrotato che assume il titolo del blog, un po' per i bRRRividoni che mi fanno venire i complottisti... e un po', molto banalmente, perchè "brainblog" già ce stava!

Ancora un grazie ai miei lettori che seguono questi quattro pensieri con costanza e simpatia.

mercoledì 2 dicembre 2009

Non aprite quella porta.


Non sto a raccontarvi la storia, che è già ben riassunta da Paolo Attivissimo e da John nei link che trovate più sotto.

Però pubblico questa segnalazione.

Perché?
Ovviamente perché sono il "Gran Propagandiere", ma soprattutto perché appena uscita l'ennesima, ridicola bufala, i complottisti di mezzo mondo si sono fiondati a divulgarla per ogni dove. Provate a cercare con google - "FLT DECK DOOR" Pentagon - e troverete oltre 3500 risultati in varie lingue, naturalmente tutti di matrice cospirazionista. Non male in soli 5 giorni di divulgazione dello "scoop", non trovate?

Naturalmente, giuggiolanti per aver finalmente trovato una "smoking gun", tutti quanti, dai francesi del gruppo che fa capo a Meyssan fino agli italiani del Gruppo Zero, non si sono minimamente preoccupati di sottoporre a verifica quanto riscontrato da PFT.
Ma questo non ci stupisce affatto, fa parte del metodo di questi ricercatori.

Dunque, per legge del contrappasso, mi sembra giusto che anche la "sbufalata" venga divulgata il più possibile.

Un breve riassunto lo trovate sul Disinformatico in: 11/9, nuova figuraccia dei complottisti.
Un approfondimento nell'articolo di John su Undicisettembre.

Ci si vede alla prossima "smoking gun".  ;-)