mercoledì 23 giugno 2010

Si trovano un sacco di vaccate...



E bravo Travaglio.


Grazie a Foxxya per la segnalazione.

domenica 13 giugno 2010

Miniera

mercoledì 9 giugno 2010

Democrazia della scienza?

In effetti, il tema è economico.

Ma il concetto è il medesimo: democrazia della scienza?
No, spiacente, per quanti click positivi riceva, questo, resta un concentrato di castronerie.

E tanti saluti al secolo dei lumi.
E al "meglio di Answers".
Figuriamoci il peggio.

p.s.
Casomai sparisse...

mercoledì 2 giugno 2010

Un uomo solo.

"Ad esempio, le persone con le lentiggini non sono considerate una minoranza da quelle senza lentiggini. Non sono una minoranza nel senso in cui la intendiamo. Perché? Perché una minoranza si considera tale solo quando costituisce una minaccia, vera o presunta, per la maggioranza. Ma nessuna minaccia è mai del tutto presunta. Qualcuno qui non è d'accordo? Se non lo siete, domandatevi solo: cosa farebbe quella minoranza se all'improvviso, dall'oggi al domani, diventasse maggioranza? Capite cosa intendo? Bene, se non lo capite, pensateci su.

"Perfetto. Qui i liberal - inclusi più o meno tutti voi, credo - intervengono: le minoranza sono persone come noi! Certo, però persone, non angeli. Ovvio, sono come noi - ma non esattamente come noi; ecco qui l'isteria liberal che conosciamo anche troppo bene, quella che ti fa dire, non scherziamo, fra un nero e uno svedese non c'è alcuna differenza". Perché, perché George non ha osato dire "tra Estelle Oxford e Buddy Sorensen?". Se avesse osato, forse, ci sarebbe stata una risata oceanica, tutti si sarebbero abbracciati, e il regno dei cieli sarebbe cominciato proprio lì, nell'aula 278. Ma forse no.

"Dunque, prendiamone atto, le minoranze sono persone che probabilmente guardano, agiscono e pensano diversamente da noi, e hanno difetti che noi non abbiamo. Il loro modo di vedere le cose e di agire può non piacerci, e possiamo odiare le loro mancanze. Ed è meglio ammetterlo, anziché impiastricciare i nostri sentimenti con la melassa pseudoprogressista. Se siamo siceri con noi stessi, abbiamo una valvola di sicurezza, e se abbiamo una valvola di sicurezza, saremo meno inclini a perseguitare il prossimo... So che questa teoria oggi non è di moda. Continuiamo a credere che il modo migliore per togliersi dai piedi qualcosa sia di ignorarla, finché non sparisce.

"Dov'eravamo? Ah sì, ecco... Ora supponiamo che questa minoranza venga perseguitata per una ragione qualsiasi, politica, economica, psicologica - una ragione c'è sempre, per sbagliata che sia. Naturalmente la persecuzione in sé è un errore, sempre; sono certo che su questo siamo tutti d'accordo... ma il peggio viene adesso, perché qui incorriamo in un'altra eresia liberal. Poiché la maggioranza persecutrice è abietta, dice il liberal, è evidente che la minoranza perseguitata deve essere di una purezza liliale. Vi rendete conto della scemenza? Che senso ha proteggere i cattivi dalle persecuzioni dei peggiori? I cristiani nell'arena erano tutti santi? Tutti?

"E non è tutto. Ogni minoranza a suo modo è aggressiva. Provoca la maggioranza ad attaccarla. La odia - a ragion veduta, d'accordo. Ma odia anche le altre minoranze, perché le minoranza, fra loro, sono competitive; ciascuna afferma che le sue sofferenze sono le peggiori, e i torti che subisce i più infami. E più odiano, più vengono perseguitate, più si incattiviscono! Pensate che l'essere amati incattivisca? Non è vero, e lo sapete. Quindi perché essere detestati dovrebbe rabbonire? Quando vi perseguitano odiate ciò che vi sta capitando, odiate chi lo fa capitare; vivete in un mondo di odio. Su non riconoscereste l'amore in persona se lo incontraste! Sospettereste, pensereste che c'è sotto qualcosa - un secondo fine, un trucco...".

A questo punto George non sa più cosa ha provato o confutato, cosa sta cercando di dimostrare, e nemmeno di cosa sta parlando.
Spazio ai commenti.

Può forse essere utile un riferimento preciso:  Christopher Isherwood, Un uomo solo, Adelphi, 2010, pp. 56-57.  L'opera è del 1964.

Ma anche no. Non vi dirò di più. Né da quale contesto nascano le parole che Isherwood mette in bocca a George, il professore protagonista del romanzo, né quali siano i tratti caratteriali, culturali e psicologici di George medesimo.

Certo è che le parole che leggiamo in questa accorata lezione, come tutta l'opera del resto, si prestano a ispirare una gran bella matassa di pensierini.
Che lascio in fardello a voi, miei fidi pensatori, mentre ritorno ancora per qualche tempo alla mia piccola miniera...