
Se dobbiamo credere alla biografia che ci è stata tramandata (e non abbiamo motivo per non farlo), Oskar Schindler se lo è guadagnato un giorno dopo l'altro con impegno crescente, questo grande riconoscimento.
E' di queste sere, in concomitanza con la ricorrenza del Giorno della Memoria, l'ennesima riproposizione di un film che credo non necessiti di presentazione per nessuno: il bellissimo Schindler's List ci ricorda, una volta di più, in quali abissi possa sprofondare la mente umana e la società tutta se la si priva delle più elementari regole di rispetto per l'altro, per il diverso.
E tuttavia questi sono anche i giorni del conflitto che insanguina Gaza: all'immagine poetica e tristissima della bimba col cappottino rosso, unico colore del film di Spielberg, fa da contraltare il rimbalzare delle notizie dei bimbi caduti per le strade della Palestina delle scorse settimane.
E quel vagare smarrita per le strade di quel mondo senza senso percorso dall'alienazione e dall'abisso non può non rammentarci assieme l'orrore di quel mondo capovolto e le brutture delle notizie del quotidiano, dell'oggi.
E' un dolore senza tempo, quello che in qualche misura accompagna la storia del popolo ebreo: scacciato, ramingo, errante e poi quasi annientato, quasi annichilito in nome della follia, in nome del nulla.
E tuttavia la creazione dello stato d'Israele e il sogno sionista del ritorno alla terra promessa a molti sembra aver complicato le cose, aver introdotto un elemento di perturbazione in più, invece di aver risolto qualcosa.
In realtà sono tante e ben distribuite, le responsabilità della situazione odierna in Palestina e in Israele.
Non sempre gli oppressi sono alieni dalla colpa, non sempre le vittime sono passive destinatarie del dolore.
E non giova certo a far chiarezza la confusione imperante di concetti: israeliani, ebrei, semiti, sionisti... tutto un minestrone, come dimostra l'approccio del protagonista dell'ultima perla.
Lo spazio di un post, le quattro chiacchiere su un blogghetto come questo non offrono certo la possibilità di affrontare un tema che ha riempito libri, dibattiti e diviso le opinioni di grandi giornalisti.
D'altra parte la storia di Israele dalla sua fondazione del 1948 ad oggi è là da leggere e la massa di libri e documentazione reperibili sull'argomento è vastissima.
Qualche link su giornalettismo può servire per cominciare a chiarirsi le idee:
Shoah - La memoria in tempo di guerra
La striscia di Gaza e Hamas
E, sul blog dell'amico Thomas Morton, che già so non apprezzerà l'approccio mediato dalla filmografia hollywoodiana che ho adottato, consiglio un post che è un link, a voi scoprire a cosa...
Per quel che mi riguarda credo sia bene imparare a distinguere bene le cose.
Lasciamo da parte le polemiche sull'attualità devastante del medio oriente, da affrontare, se davvero si vogliono risolvere le cose, con una sana dose di pragmatismo e un minimo di buona volontà reciproca.
E lasciamo al Giorno della Memoria il valore che ha: un monito vivo e un emblema degli abissi cui può arrivare la mente umana.
Perché il tema che sta dietro a quel cappottino rosso è quello della sopraffazione dell'uomo sull'uomo.
Ed è un tema, purtroppo, senza tempo.