mercoledì 6 dicembre 2017

Drammi della fede.


lunedì 13 novembre 2017

Il cacciamosche

Potrebbe interessare a qualcuno condividere questa mia piccola esperienza casalingo-somaresca.

Avete presente quel caso (tipo quest'estate) in cui nonostante mille zanzariere immancabilmente vi ritrovate in casa due mosche, un moscone e un moscerino ogni volta che aprite la porta?

Volete liberarvi degli insetti molesti senza spargere e spruzzare insetticidi altrettanto molesti e fastidiosi?

La soluzione è semplice e basta un minimo di pratica.

1) Mangiate uno yogurt, un budino, un dolcetto al cucchiaio qualsiasi. A condizione naturalmente che provenga da un contenitore trasparente (e in plastica: non vorrei essere concausa di danni involontari, permettendovi di usare un barattolo di vetro), non troppo grande né troppo piccolo, simile a quello raffigurato.

2) Procuratevi un cartoncino abbastanza robusto ma non troppo grosso. Anche questo simile a quello della foto.

3a) Mosche e mosconi: avvicinatevi piano piano al dittero di passaggio, ovviamente posato su una superficie solida, fino a un paio di centimetri scarsi dall'insetto medesimo.
Con scatto felino imprigionatelo nella scatoletta. La mosca, leggermente messa in ombra ma non spaventata grazie alla trasparenza del contenitore che le si avvicina non si muoverà fino a quando è troppo tardi e tenderà a salire verso l'interno del contenitore che, trasparente appunto, viene visto come via di fuga più sicura rispetto al bordo ormai troppo vicino. Se scattate anche solo un mezzo centimetro prima, infatti, l'insetto tenderà a fuggire lateralmente, sfuggendovi o rimanendo spiacevolmente spiaccicato.

3b) Moscerini: avvicinatevi ugualmente al moscerino ma in questo caso state pronti a scattare un momento prima. Il moscerino infatti ha uno spunto inferiore, ma lo sa! Di conseguenza tenderà a tentare la fuga un mezzo centimetro prima dei suoi cugini più voluminosi, riuscendo probabilmente a scappare grazie al suo volo maledettamente poco lineare.

4) L'uso del cartoncino per sigillare l'insetto all'interno del contenitore è del tutto intuitivo.

5) Uscite sul balcone, se l'avete, o dalla porta di casa e liberate il molesto visitatore. In caso invece vogliare dare libero sfogo a istinti sadici (che non condivido) avete comunque alla vostra mercé l'incauto e non gradito ospite.

Ad ogni modo, se proprio non vi riesce di imparare la tecnica, almeno vi è rimasto il buon sapore del budino o dello yogurt del punto 1...

Ah, dimenticavo... che dite: brevetto il "cacciamosche" e lo vendo su siti vegan-animalisti a 20 eurI al pezzo?

mercoledì 27 settembre 2017

El pass del gatt



E' tanto che non scrivo recensioni.
Oggi, venendo al lavoro, ho ascoltato un pezzo che non sentivo da molto ed ho pensato che meritasse queste quattro righe.

Si tratta, lo vedete dal titolo del post, di "El pass del gatt", di Davide Van De Sfroos.

Di quel pezzo mi piacciono i toni, mi piace l'arrangiamento musicale, mi piace il testo e le parole.
Mi piace la malinconia, la tenerezza, il sogno, l'ambiente.

Per chi non abita nel varesotto o nei suoi dintorni non è probabilmente semplice comprenderne i significati ed apprezzarne la poesia.
Sarà perciò il caso che ne leggiate la traduzione più sotto.

E' una storia d'amore e di solitudine.
Ambientata in uno di quei "sit" di campagna come ce n'erano forse solo una volta, dove non "passa mai nissoen", di quelli in cui si cresceva "to do like your daddy done", per citare un altro pezzo che mi vive nel cuore da sempre (penso di non dover linkare la citazione, vero?).

E' una storia di formazione e di attenzione per il diverso, per il solitario, da cui emergono potenti anche i personaggi dello sfondo, come quei vecchi che non solo ti immagini, ma te li vedi davanti, "a giügà ai caart là dedrée a’n tratuur" e con una carezza anche per "tucc i oltri" per cui "gh’è dumà’l büceer". Senza compatirli, ma con un'infinita dolcezza.

Non sai se il vero protagonista sia l'io narrante "vegnüü graand, ma mea taant" in questo sit o se sia invece quella donna che entra ed esce dalla sua vita come dal suo mondo, col suo passato nero ma appena accennato e con quella passione che sembra nascere proprio dalla voglia di oblio, in questo luogo avulso dal mondo di fuori, che l'aveva portata perfino a provare l'esperienza della "presonn".

Non sai attraverso quali peripezie l'io narrante abbia coltivato giorno dopo giorno il suo amore, per certi versi forse senza futuro, così marcate da spingerlo a "basà una pianta propri nel punto due’ ho scrivüü’l soe nomm" e a sentire il profumo di lei ormai di casa là, in quel sit ove lei viene e va e dove lui invece trascorre i suoi giorni sempre uguali. Quei giorni in cui la differenza pare farla solo l'attesa "soel müür della ferruvia".

Ma sai che l'attesa di quei momenti insieme che chiude la ballata non è rassegnazione.
E' rispetto. 

"Ho imparaa a speciàla e poe lassàla na".

Buon ascolto.

 

Sun vegnüü graand ma mea taant
in questu siit in duve’l suu te sbrana
induè scapüscia anca la bissa
e induè’l tramuunt el g’ha mai prèsa

G’ho scià’n curtell
per tajà i stagion
o per lo mena per facch pagüüra
vo in giir adasi per mea fa’ pulver
e parli mai perché fa tropp cold

E ho fa’l bagn insema ai aspis
ho majà scerees o ho majà caden
gh’è anca una foto induè paar che ridi
ma l’è una smorfia per la tropa lüüs

E in questu siit passa mai nissoen
se ferma pioe gnanca ‘l tempuraal
ma me una sira ho basaa una dona
e de dree a una pianta l’ha ma di’l so nomm

E sto in soel müür della ferruvia
quan che rüva un treno una volta al dé
perché una sira ho basaa una dona
e soe quela pianta ho scrivüü’l so nomm

E l’è ruada cu n’t el pass del gatt
senza culzètt e senza amiis
el so suriis l’era meza facia
l’oltra metà l’era una cicatriis

l’ha mai spiegà de induè la vegniva
l’ha mai parlà de quel anell al dii
ma’l tatuagg che g’han faa in presonn
me l’ho vedüü quaand l’ha trà fo i vestii

Strengéva foort e se lassavi streeng
cumè un ragn stremii muvevi i brasc che gh’eri
e me pareva de balà in un tango
tra l’erba salvia e tucc i pagn stendüü

E in questu siit passa mai nissoen
e anca se’l passa prema o poe’l ne va
ma quela sira ho fa’l giir del muund
o forsi ‘l muund l’ha faa ‘l giir de me

E smorzi ‘l suu cunt una cicada
speci la nocc per tajacch el coll
e m’ hann vedüü anca basà una pianta
propri nel punta due’ ho scrivüü’l soe nomm

Quaivoen se sfoga a catà i magiustri
a giügà ai caart là dedrée a’n tratuur
quaivoen el dorma sura a una gazzetta
per tucc i oltri gh’è dumà’l büceer

E in questu siit passa mai nissoen
ma’l soe prufoemm urmai l’è che de ca’
ogni taant la rüa ogni taant la va
ho imparaa a speciàla e poe lassàla na
Sono diventato grande, ma mica tanto,
in questo posto dove il sole ti sbrana
dove scivola anche la biscia
e dove il tramonto non ha mai fretta

C’ho un coltello
per tagliare le stagioni
o perlomeno per fargli paura
Vado in giro piano per non far polvere
e non parlo mai perché fa troppo caldo

E ho fatto il bagno insieme agli aspidi
Ho mangiato ciliegie e ho mangiato catene
C’è anche una foto in cui sembra che rida
ma è una smorfia per la troppa luce

E in questo posto dove non passa mai nessuno
non si ferma più neanche il temporale
ma io una sera ho baciato una donna
e dietro un’albero mi ha detto il suo nome

E stò sul muro della ferrovia
quando arriva il treno una volta al giorno
perché una sera ho baciato una donna
e su quell’albero ho scritto il suo nome

È arrivata con il passo del gatto
senza calzini e senza amici
Il suo sorriso era mezza faccia
l’altra metà era una cicatrice

Non ha mai spiegato da dove venisse
non ha mai parlato di quell’anello al dito
ma il tatuaggio che le hanno fatto in prigione
io l’ho visto quando ha tolto i vestiti

Stringeva forte e si lasciava stringere
come un ragno spaventato muovevo le braccia
e mi sembrava di ballare un tango
tra l'erba slvia e tutti i panni stesi

E in questo posto non passa mai nessuno
e anche se passa prima o poi se ne va
ma quella sera ho fatto il giro del mondo
o forse il mondo ha fatto il giro a me

E spengo il sole con uno sputo
aspetto la notte per tagliarle il collo
e mi hanno visto anche baciare una pianta
proprio nel punto in cui ho scritto il suo nome

Qualcuno si sfoga a raccogliere fragole
a giocare a carte lì dietro un trattore
qualcuno dorme sopra una "gazzetta"
per tutti gli altri c’è solo il bicchiere

E in questo posto non passa mai nessuno
ma il suo profumo ormai qui è di casa
ogni tanto arriva, ogni tanto se ne va
Ho imparato ad aspettarla e poi lasciarla andare

lunedì 25 settembre 2017

Ma non lo sapevano...

...che seimilionierotti partite IVA devono controllare e inviare lo spesometro nel giro di due settimane?

Continuo a non capire chi e come prende le decisioni tecniche in questo paese.

giovedì 21 settembre 2017

Saggio

Devo tradurre?

lunedì 11 settembre 2017

Never forget



giovedì 24 agosto 2017

Pensiero magico

"Il pensiero magico costituisce un tipo di elaborazione cognitiva in cui manca una relazione causale tra soggetto e oggetto [...] Assunto fondamentale del pensiero magico è l'idea di poter influenzare la realtà secondo i pensieri e i desideri personali." (cit. Uicchi).

E' tipico dei bambini che attribuiscono ai loro sogni il potere di cambiare la realtà o delle società primitive che, prive di formazione scientifica, affidano allo sciamanesimo, alla superstizione e alla religiosità il compito di risolvere i quesiti pratici o metefisici posti dall'esistenza quotidiana.

Cosa dobbiamo concludere, quindi, di fronte a un'epoca in cui sempre più persone ricorrono alla "medicina" alternativa (acqua e zucchero, fiori, sassi, colori e magico-cosi assortiti) mentre rifuggono le conquiste della scienza (vaccini e terapie collaudate)?

Non si tratta solo di un problema di preparazione scientifica: a volte sono persone istruite - o presunte tali - a sostenere tutto il circo di fuffa che ruota attorno all'aggettivo "alternativo".

Io credo che il problema di fondo sia invece il primo: viviamo in una società di eterni bambinoni, ancora convinti che il possesso del costume di Batman permetta di prendere il volo, così come l'acquetta agitata dal santone di turno acquisisca poteri taumaturgici. E che ciò che non si adegua ai loro pregiudizi concettuali sia, per forza, il prodotto di un qualsivoglia "potere forte" che complotta contro di loro.

E' la vittoria del Pensiero Magico, appunto.

venerdì 11 agosto 2017

C'era una volta (una fiaba tutta itaGliana)

C'era una volta un passaggio a livello automatico.

Scendevano le sbarre un minuto, un minuto e mezzo prima del passaggio del treno e risalivano tre secondi dopo che l'ultimo vagone era transitato.

Era l'unico così, nel raggio di chilometri.
E gli abitanti dei villaggi vicini lo apprezzavano per queste qualità.

Tutti gli altri passaggi a livello infatti erano stati colpiti dal maleficio di una perfida fattucchiera che veniva chiamata una volta "Ferrovie dello Stato": scendevano da un minimo di cinque a un massimo di quindici minuti prima del transito del treno e rimanevano chiusi almeno 30/45 secondi dopo l'ultimo vagone.

Questi ultimi perciò erano così invidiosi del loro compagno efficiente e veloce che decisero di correre ai ripari e ingaggiarono la fattucchiera perché colpisse anche il povero, piccolo, passaggio a livello di campagna.

Per non essere riconosciuta dagli abitanti dei villaggi, quest'ultima si era camuffata, facendosi chiamare con un nome solo apparentemente innocuo: Trenitalia. Con una costosa operazione magico-tecnologica alla fine la perfida fattucchiera riuscì nell'intento e sostituì i meccanismi e i comandi dell'efficiente passaggio a livello, nottetempo e dopo averlo sedato.

L'operazione fu piuttosto costosa ma raggiunse perfettamente l'obiettivo: oggi anche quel passaggio è come tutti gli altri e, come tutti gli altri, forma code chilometriche (e perfettamente inutili) ai due lati delle sbarre.

Complimenti vivissimi per l'involuzione tecnologica.

giovedì 20 luglio 2017

Geniale!

Questa è davvero bellissima!
Miracoli della numerologia...

mercoledì 19 luglio 2017

Falsi problemi

Leggendo queste affermazioni ci si rende conto di come la ggggente abbia una falsa percezione dei reali problemi del paese.

Ammesso (e non concesso) che le cifre citate siano corrette, 82 milioni di € in quattro anni non spostano di una virgola il bilancio dello stato.

Sono, si e no, quello che le due camere spendono in UN anno per le pulizie.

O, se preferite, quello che l'INPS spende in pensioni in circa due ore e mezza.

martedì 11 luglio 2017

Curiosità infettive

La notizia di per sé non è altro che una curiosità e come tale sarebbe da relegare alla pagina della massaia del giornalino di Gian Burrasca.

Però nel contesto dell'(assurda) polemica sui vaccini che riempie le pagine e i social in questo periodo assume una certa rilevanza.

Non fosse altro che per la curiosità con cui il caso è stato seguito dai medici del Maine, che non avevano mai visto un malato di morbillo in vita loro. Chissà come mai...

martedì 20 giugno 2017

La vaiolizzazione

Cito direttamente dal blog amico "Fuffologia", che ringrazio, questo bel post dedicato al vaccino del vaiolo, malattia ormai estinta, proprio ed esclusivamente grazie ai vaccini.


Direi che è un ottimo spunto di riflessione per tutti i sostenitori delle "diverse verità".

Buona lettura:

Il virus del vaiolo al
microscopio elettronico
Il vaiolo è - anzi, era - una malattia virale terribile. Chi si ammalava, dopo l'incubazione, era preda di febbri altissime, sete feroce, vertigini, mal di testa lancinante. Dopo giorni di questa tortura arriva un apparente miglioramento che però era seguito dalla parte più terribile: spaventose pustole infette e purulente su tutto il corpo (non riporto foto di persone infette, cercatevele e rabbrividite da soli), di nuovo febbre altissima, dolori atroci, delirio e una devastante prostrazione fisica. Era mortale per più di una persona su cinque. I sopravvissuti erano marcati a vita da cicatrici deturpanti sparse su tutto il corpo (Manuel Noriega, l'ex dittatore di Panama morto pochi giorni fa, era detto faccia d'ananas proprio per le cicatrici del vaiolo e non era di certo uno dei più devastati).

Il vaiolo è stato per tutta la storia dell'umanità una delle principali cause di morte fino a quando il medico-scienziato Edward Jenner, nel 1798, non inventò il “vaccino”...


Le lesioni del vaiolo dei bovini in
genere sono limitate alle mammelle
Fu chiamato vaccino proprio perché era ottenuto dalle mucche. Anche i bovini possono contrarre il vaiolo ma è una forma molto meno devastante di quella umana. Le poche pustole sono spesso solo sulle mammelle. Pur non avendo la certezza che si trattasse della stessa malattia (la scoperta del primo virus avvenne esattamente cento anni dopo), Jenner notò che le mungitrici si ammalavano di vaiolo meno delle altre persone.

Si rese contro che chi mungeva le mucche infette non solo non subiva danni gravi (al massimo poche lesioni limitate alle mani) ma diventava in qualche modo “invulnerabile” al vaiolo umano. La sua idea era che l'esposizione al vaiolo vaccino proteggesse da quello umano.

Per mettere alla prova la sua ipotesi inoculò il vaccino - del liquido estratto dalle pustole sulla mano di una mungitrice - a un ragazzino. Gli effetti furono limitati a gonfiore, una piccola lesione nella zona dell'iniezione e qualche malessere passeggero. Dopo qualche mese Jenner fece una cosa veramente terribile: iniettò il vaiolo umano al ragazzo... che però, per sua e nostra fortuna, non si ammalò. Non si ammalò nemmeno le venti volte successive che il medico, non pago, gli iniettò altre dosi di virus. Doveva proprio volergli un gran bene ;-)

Fatto sta che Jenner aveva ragione e James Phipps, così si chiamava il ragazzo, fu ricordato come il primo vaccinato ufficiale della storia. Visse 65 anni, una vita lunga per l'epoca, e morì nella tenuta che Jenner gli regalò per essersi sottoposto all'esperimento.

L'ultimo malato di vaiolo è stato invece il somalo Ali Maow Maalin nel 1977. Grazie al vaccino, a chi si è vaccinato e a chi ha fatto vaccinare i propri figli, una malattia spaventosa e terribile come il vaiolo non esiste più e possiamo parlarne al passato.

James Phipps non fu però il primo a essere reso artificialmente immune alla malattia.

Da sempre si sapeva che chi era sopravvissuto alla malattia non la contraeva più. Era anche noto che il vaiolo umano si presentava in due forme: variola minor e variola maior. La prima forma era molto più leggera, con esiti quasi mai mortali, e non lasciava le terribili cicatrici del variola maior. Chi si ammalava di variola minor risultava poi immune al variola maior.

In molte parti del mondo e in varie epoche ci si rese conto che contagiando le persone col variola minor - mettendole in contatto coi malati della forma leggera, per esempio, oppure strisciando le croste dei contagiati sulla pelle graffiata, o in altri modi - le si poteva rendere immuni al variola maior.

Questa pratica, detta vaiolizzazione, non era comunque esente da rischi: chi veniva infettato poteva ammalarsi infatti della forma grave. In questo modo però la mortalità si riduceva di oltre dieci volte; tantissimo se si considera che in Europa il vaiolo era una delle prime cause di morte.

Anche allora, naturalmente, c'era chi era contro questa pratica. Non era prevista dalla Bibbia ed era immorale perché interferiva con la volontà di Dio. Inoltre, come abbiamo visto, poteva essere pericolosa.

La pratica della vaiolizzazione cadde in disuso con l'introduzione del vaccino di Jenner (anche se mia mamma mi raccontava che quand'era piccola lei era ancora normale mettere i bambini a contatto con quelli ammalati di morbillo o varicella perché non contraessero la malattia da grandi). Non fu lo stesso per la contrarietà alle varie forme di immunizzazione.

Il vaccino, reso ben presto obbligatorio per i bambini, trovò subito degli oppositori: chi lo considerava una pratica anti-cristiana, chi una cosa abominevole perché proveniva dalle bestie, chi dubitava dell'efficacia, che lo riteneva pericoloso, chi invocava la libertà personale, chi il diritto di disporre del proprio corpo e di quello dei propri figli. Sono in buona parte le stesse cose che si sentono dire oggi.

Col vaccino nasceva l'anti-vaccinismo, una malattia pericolosa (fosse stato per loro il vaiolo continuerebbe a mietere vittime e a devastare vite), resa oggi più contagiosa dall'avvento di Internet e contro la quale purtroppo non esiste... vaccino.

sabato 17 giugno 2017

Che male fanno: ennesima puntata.

Quando all'ignoranza si aggiunge la propensione alla violenza si arriva a questi eccessi di follia.

Tanto per aggiungere l'ennesimo danno provocato dagli spacciatori di frottole a quelli, considerevoli, che procurano ai figli dei "diversamente pensanti" e a quelli di coloro che pur "normopensanti" non possono vaccinarsi per ragioni mediche.

martedì 28 febbraio 2017

Porca di quella putt...

Uno molla lì la figlia che ti chiede di giocare ancora cinque minuti e poi passa quasi un quarto d'ora ad aspettare un [beep] di treno che poi (finalmente) passa a passo di lumaca in amore.

E hanno anche il coraggio di chiamarla "sicurezza".
Gli venisse un cancher.

sabato 11 febbraio 2017

In effetti...


venerdì 27 gennaio 2017

Senza titolo


giovedì 19 gennaio 2017

OMG!

Accidenti.
Se tolgono le bufale che ne sarà di facebook?

Manca solo che tolgano le foto di pastasciutta, bistecche e patatine e restano solo pagine bianche.

Ah, no, aspetta... restano le belle frasette.