martedì 27 settembre 2016

Metodo

L'immagine che vedete circola su facebook come "meraviglia del mondo".
Il nome che viene attribuito alla costruzione è "Castillo de la Isla",  Dublino, Irlanda.

Non ci vuole molto a pensare che:
1) Perché mai una struttura irlandese dovrebbe avere un nome spagnolo?
2) Per quale scopo si sarebbero affrontate le difficoltà e i pericoli di una costruzione simile nei secoli scorsi? Per una foto per turisti del 2016?
3) Se fosse vera, non sarebbe famosa almeno come la torre Eiffel o la Statua della Libertà?
4) Non sembra ambientata in una locazione un po' più calda dell'erbosa Irlanda?

Infatti, basta cercare "Castillo de la Isla" su gurgle per trovare chi ha già debunkato la bufalotta. Mica un grande sforzo, no?

E quindi la domanda nasce spontanea. Davvero basta scrivere una castroneria qualsiasi su faccialibro perché i boccaloni abbocchino?




mercoledì 7 settembre 2016

La cartella dei power rangers


La cartella dei power rangers

Non c'è altro da aggiungere.
Bravo Mattia.

mercoledì 6 luglio 2016

Milano, 5 luglio 2016, S.Siro.


Milano, 21 giugno 1985, S.Siro.
Quasi ventenne, quel giorno, assisto alla nascita di un legame davvero speciale, quello del Boss con S.Siro.


Milano, 5 luglio 2016, S.Siro.
Rieccomi per la terza volta sulla sette visite di Springsteen, qui a S.Siro.

Sono passati trentun'anni ma è una serata magica, la più bella per quel che mi riguarda, con un sessantaseienne che riesce ancora una volta a stupire e regalare momenti indimenticabili a  sessantamila persone che affollano ogni spiraglio dello stadio, nonostante sia un giorno feriale e al mattino dopo si debba lavorare.

Accanto a me c'è mio figlio quindicenne e mia moglie, ma poco oltre una coppia almeno sessantenne. Subito dietro una bimba che avrà forse dieci anni. E seduti davanti un gruppo di ragazzi che hanno forse l'età che avevo io quando vidi il Boss la prima volta.

Springsteen, naturalmente e come sempre, dà tutto se stesso a un pubblico che lo ama e che lui ama.
Lo accompagna una E Street Band che, stavolta, riesce a non far pensare ai due profondissimi vuoti che il tempo inclemente ha generato nella formazione originale. C'è un Jake Clemons che si dimostra degno nipote di quel meraviglioso Big Man che aleggia ancora con il suo spirito sulle note di Tenth Avenue freeze-out e subito dietro il sorriso degli occhi di Bruce. E, senza Clarence, è Little Steven a fare da spalla fisica al Boss nei passaggi più corali e far eco con i suoi agli assoli a quelli del capo e di Nils Lofgren.

Dopo un'ora e mezza impeccabile, arriva "The River" a commuovere grandi e piccini, seguita da un'indimenticabile, meravigliosa "Racing in the Street", una delle citazioni di "Darkness on the Edge of Town" (insieme a "Badlands", "Something in the Night", "Streets of fire" e "Prove it all Night") che ne fanno il secondo album della serata, dopo quel "The River" meraviglioso a cui è dedicato il tour.

Alla fine sono 34 le canzoni che Bruce ci regala stasera, suonate, cantate, declamate e giocate tutte in fila senza tregua con un'energia e una passione che supera l'immaginabile.

Un concerto di Bruce non è mai solo un concerto. E' una festa, un rito officiato da un sacerdote laico capace di smuovere gli animi e di coinvolgere con la sua passione e la sua energia, con la sua gioia e la sua malinconia. Non ci sono solo sessantamila persone che cantano e ballano felici con lui, ma sessantamila cuori che battono al ritmo delle sue canzoni. Di più, sessantamila anime che si librano, volano, piangono, ridono e godono con le sue poesie messe in musica.

Ed è bello, maledettamente bello, poter essere stati lì.
Ancora una volta, grazie, Bruce.

sabato 25 giugno 2016

Brrr...exit

Ormai non si parla d'altro, a volte con cognizione, a volte a sproposito.

Il mio pensiero resta quello che ho già esposto in molte occasioni: la democrazia diretta è roba per popoli molto evoluti e molto preparati e magari composti di poche migliaia di cittadini. In un paese abitato da milioni di persone prive di "strumenti conoscitivi adeguati" (palese eufemismo. Leggasi "popolo bue") è assolutamente inaffidabile.

Particolarmente gustosa l'affannosa ricerca "a posteriori" del suddetto popolo sul significato della crocetta apposta giusto il giorno prima. E altrettanto gustosa la crescita esponenziale di coloro che chiedono di "ripensarci".

Certo, questa è anche un'occasione importante per chiederci "cosa sia questa Europa" di cui ci riempiamo la bocca da decenni senza minimamente occuparci di costruire quello che conta davvero: una visione unica e coordinata almeno in materia di politica estera, fiscale e di difesa. Bastioni che si sarebbero dovuti imbastire come minimo appena dopo aver costruito l'unità monetaria che, anzi, sarebbe dovuta essere una conseguenza e non una premessa alla costruzione di un'Unione degna di tal nome.

Già che ci siamo, riflettiamo anche un po' sulle chiacchiere delle sirene di passaggio, che di "Farage" assortiti trabocca ormai la politica de noantri...